Bucine

Abbazia di Badia a Ruoti

Visitando l’affascinante borgo senza tempo di Bucine è possibile rimanere incantati dalla Badia a Ruoti, un’abbazia arrampicata sui vicoli ciottolosi, di cui le prime testimonianze risalgono intorno all’anno mille quando apparteneva ai monaci camaldolesi; in verità ci sono indizi che lasciano pensare che ancor prima fosse di proprietà dei benedettini.

A causa dei frequenti assedi, in passato fu testimone di lotte e guerre che di volta in volta mal ridussero il complesso abbaziale, costringendola a subire alcuni interventi di strutturali, tanto da perdere il suo originale aspetto nel corso del XVII secolo.

Ad oggi, grazie ai diversi interventi di restaurazioni hanno riportato in vita la forma originaria della Badia di San Pietro a Ruoti.

La chiesa sfoggia nella facciata un prototipo pensile risalente all’XI secolo.

L’interno, che si sviluppa a croce latina, presenta una sola navata che termina a abside semicircolare; all’incrocio della navata col transetto si innalza una cupola rivestita all’esterno da un alto tiburio ottagonale. Essa custodisce alcuni affreschi del XVI secolo, che il trascorrere dei secoli ha reso frammentari; quest’ultimi rivestono le pareti laterali interne e sembrano che accompagnino lo sguardo del visitatore verso l’aureo dipinto dell’Incoronazione della Vergine di Neri di Bicci realizzato nel 1472.

L’abbazia è andata via via ingrandendosi, infatti in origine era più piccola con il tetto, in perfetto stile romanico, fatto a capriate e coperto con lastre di pietra.

Successivamente fu ampliata con l’aggiunta del transetto, dell’abside e del campanile. Per riequilibrare le nuove dimensioni del complesso, fu rialzato il tetto con l’impiego di mattoni rossi che sostituirono la pietra.

Non lontano dall’abbazia immerso nel torpore dei suoi anni, sorge uno dei cosiddetti “alberi della memoria” un maestoso e secolare la farnia di Badia A Ruoti, che con i suoi 27 metri di altezza sembra un naturale collegamento tra la terra e il cielo.

INFORMAZIONI
È possibile prenotare visite guidate tramite l’Associazione “Neri de Bicci”.

CONTATTI
Associazione “Neri de Bicci”
Tel. 338 5929912
Tel. 339 2447023

Pieve e Torre di Galatrona

Una pieve romanica nascosta tra i cipressi della campagna toscana, la Pieve di San Giovanni Battista, originariamente intitolata Canestruna (Galatrona), spicca da lontano in tutta la sua placida maestosità, con la sua facciata chiara e il campanile intonacato di bianco; costruita probabilmente in età paleocristiana, si pensa che sia stata edificata sui resti di un tempio pagano, forse etrusco.

Custodisce al suo interno tre opere di Giovanni Della Robbia, realizzate tra il 1517 e il 1521: tra cui, posto lungo la navata destra, il fonte battesimale che ritrae in cinque pannelli in rilievo la vita di San Giovanni Battista, nel sesto pannello quello frontale è invece raffigurato il battesimo di Cristo. Cinto da una cornice affrescata con motivi floreali e di indubbio impatto visivo è collocata la statua di San Giovanni Battista, che con la mano destra annuncia la venuta del Salvatore, mentre nella sinistra tiene un cartiglio.

Sull’altare maggiore sorge in tutta la sua imponenza il ciborio, terzo capolavoro robbiano. Nei sei pannelli le figure scolpite di Gesù caricato della croce, Maria Maddalena e Giovanni, i santi Leonardo e Girolamo, sembrano prendere vita.
A vegliare su tutto il versante del Valdarno domina la Torre di Galatrona (risalente al X secolo), la parte più visibile di quel che resta del castello di Galatrona, la torre di avvistamento, chiamata più semplicemente “il torrione”, situata all’estremità di un lungo sperone roccioso che si scioglie fino a Monteluco del Chianti.

La torre, costruita in pietra arenaria e murata a calcina, è suddivisa in cinque piani, alla vetta dei quali, la terrazza in cima alla torre si avverte l’importanza strategica di controllo del territorio, considerato che lo sguardo spazia dal Valdarno fino a tutti i suoi confini e la Valdambra. Dalla sommità della stessa si viene investiti in tutta la sua magnificenza da un panorama di straordinaria bellezza: borghi meravigliosi arroccati su dolci colline, campi e terreni coltivati, in cui spicca la coltivazione della vite e dell’olivo, sorretti dai tradizionali muretti a secco e folti boschi di eriche, ginepri, lecci, corbezzoli e ginestre.

INFORMAZIONI
La Pieve di Galatrona è visitabile da Aprile a Ottobre tutte le domeniche e tutti i festivi dalle ore 16:00 alle ore 18:00 (visite su richiesta per gruppi di minimo 8 persone negli altri giorni della settimana).

CONTATTI
Gruppo Volontari Pieve di Galatrona
Tel. 338 2879310

Ponte di Pogi

A pochi chilometri da Bucine, specchiandosi nel fiume Ambra, il ponte del Pogi è una delle testimonianze della antichissime dei vari insediamenti territoriali del Valdarno. Il ponte di Pogi, sito appunto nella frazione di Pogi è un reperto architettonico risalente all’età romanica, che in passato rappresentava la continuità di un antico tracciato della via Cassia adrianea permettendo di superare il torrente.

Sia il fiume che il ponte non tradiscono lo scorrere del tempo, infatti essi conservano la stessa atmosfera di luogo dai colori caldi e senza età; un’eredità preziosa che conferisce lascito impareggiabile con le sue cinque arcate in pietra sia in termini storici sia in ricchezza paesaggistica.

La recente ristrutturazione ha conferito nuovo splendore, senza stravolgimenti paesaggistici, incorniciando le rive del fiume sottostante con una morbida vegetazione. Il posto è meta indispensabile per amanti del trekking, della pesca e della fotografia.

Non lontano, arroccato sulla collina, vi è Pogi alta, un’antica e caratteristica rocca, un tempo castello oggi borgo incantato composto da case di pietra.

Castelfranco Piandiscò

Abbazia di San Salvatore a Soffena

Poco fuori dal centro di Castelfranco di Sopra si trova l’antica Badia di Soffena. Il complesso abbaziale è costituito dalla chiesa romanica a croce latina, dalla torre campanaria, dal monastero con chiostro quattrocentesco, dal giardino e da una suggestiva area pertinenziale coltivata a olivi. Il primo documento che la cita risale al 1014, ma la sua origine è assai più antica; scavi nel chiostro della badia hanno infatti riportato alla luce alcune tombe e un precedente edificio di culto ad unica navata con l’abside rivolta ad est e di dimensioni simili alla prima chiesa paleocristiana della vicina pieve di Gropina. Si è potuto datare questa struttura all’VIII-IX secolo grazie a frammenti di decorazioni architettoniche di stile longobardo. L’edificio attuale è il risultato di un notevole intervento di riedificazione, probabilmente avvenuto nel 1392. Ad oggi, la facciata si presenta a bozze di pietra squadrata con tetto a capanna; sopra la porta d’ingresso un oculo dà luce all’interno.

Entrando, sulla destra c’è una Madonna con Bambino con i SS. Pietro e Francesco attribuita a Paolo di Stefano Badaloni, detto Paolo Schiavo. Segue l’Annunciazione attribuita al Maestro del Cassone Adimari. Nel transetto, a destra, la grande Strage degli Innocenti colpisce per la drammaticità della rappresentazione. Generalmente attribuita a Liberato da Rieti, di recente è stata riferita a un pittore di ambito fiorentino, il Maestro di Bibbiena, così detto per il trittico che là dipinse e che è servito da termine di confronto per l’attribuzione sia della Strage degli Innocenti sia della sottostante Visitazione.

Quest’ultima, stilisticamente più matura, fu eseguita in un periodo vicino a quella di Bibbiena (1425-1430 circa) (Donati).
Dietro l’Altare, la Madonna in trono con il Bambino con i SS. Lazzaro e Michele Arcangelo, in stile ancora goticheggiante ma con tentativo di collocazione prospettica, è attribuita a Mariotto di Cristofano, cognato di Masaccio e dello Scheggia. Sulla sinistra vediamo nel registro superiore un’ Annunciazione e in quello inferiore la Madonna della Misericordia.

Di fronte alla Madonna con Bambino con i SS. Pietro e Francesco di Paolo Schiavo, Bicci di Lorenzo affrescò San Giovanni Gualberto, fondatore dell’Ordine Vallombrosano, con scene della vita del Santo.

INFORMAZIONI
Ingresso Gratuito

ORARIO DI APERTURA
Lunedì, mercoledì, venerdì dalle 13:00 alle 19:00
Martedì, giovedì, sabato dalle 8:00 alle 14:00

GIORNI DI CHIUSURA
Il 2° e 4° lunedì del mese e 1° e 3° domenica del mese
Il 1 gennaio, 1 maggio e 25 dicembre

CONTATTI
Per prenotazioni ed informazioni:
dal lunedì al venerdì 8:00 – 13:00
Tel. 055 9631259
Tel. 055 9149551

Centro storico di Castelfranco di Sopra

Dal 2004 e con inconfutabile ragione Castelfranco di Sopra è inserito nella lista dei “Borghi più belli d’Italia”. Questo difatti è davvero uno dei più bei borghi d’Italia: arroccato sulla collina, gode di una vista privilegiata di uno dei più affascinanti panorami che la natura potesse creare, le Balze.

La denominazione ha origine dal rapporto con la Repubblica fiorentina, che nel 1299 fondò questa “Terra Nuova” quale avamposto a scopi difensivi. Il borgo sorge su una terrazza naturale dell’altopiano valdarnese che domina le balze ai piedi del Pratomagno. Caratteristica la regolarità dell’impianto, con le vie ortogonali come nel castrum romano; al centro è la grande piazza, sulla quale si affacciavano gli edifici più rappresentativi del potere politico e della sfera spirituale, il palazzo del podestà e la chiesa di San Pietro.

Percorrendo via Arnolfo si può ammirare un tratto della cerchia, con i suoi beccatelli a sostegno del camminamento di ronda. Da questa prospettiva si gode lo scorcio suggestivo della torre di Porta Campana, detta anche Fiorentina, o dell’Orologio, o più comunemente Torre d’Arnolfo, che porta scolpito il giglio di Firenze e la data 1300, inizio della sua costruzione.

La porta venne realizzata – in proporzioni ridotte – secondo il disegno di quelle coeve della cinta muraria fiorentina. Oltre alla Porta Fiorentina ci è giunta – anche se priva della parte superiore abbattuta nel 1770 e molto rimaneggiata – la Porta Aretina, detta anche Porta Franca o Porta del Pino; di essa restano una feritoia e un arco in mattoni sorretto da mensole di pietra; mentre Porta Buia (sul lato nord-ovest) e Porta Montanina (sul lato nord-est) furono demolite rispettivamente nel 1858-59 e nel 1867.

La più antica rappresentazione dell’intera città è del 1585 e si trova tra le Piante di Popoli e Strade all’Archivio dei Capitani di Parte Guelfa a Firenze: piante realizzate su richiesta del granduca Francesco I de’ Medici per una mappatura sistematica delle strade del Granducato di Toscana, utilissime per ricostruire l’antica topografia.

 

La Pieve di Santa Maria a Scò

Citata per la prima volta nel 1008 nell’atto di donazione con cui gli Ubertini, potente casato aretino, concessero alcuni poderi all’abbazia di Santa Trinità in Alpe in Pratomagno, l’antica e maestosa pieve romanica di Santa Maria a Scò sorge lungo la suggestiva via dei Setteponti essa è una delle più arcaiche del territorio, la cui magnificenza è il frutto di costruzioni, espansioni e miglioramenti che nel corso del tempo si sono susseguite; essa infatti sorge su antichi insediamenti romani e probabilmente anche etruschi: un originario piccolo edificio d’epoca longobarda del VI secolo venne ampliato durante i secoli VIII e IX e nel secolo XII fu costruita la solida ed elegante struttura in pietra che rispecchia la forma attuale.

Il frontespizio della struttura è decorata da cinque arcate cieche con lunghe lesene che corrono parallele fino al basso e dal filaretto in pietra quadrangolare; essa inoltre è composta da lapidei regolari.

L’interno si sviluppa su tre navate e termina con gruppi absidi, con monofore chiuse da lastre di alabastro.

Nel suo interno è quasi possibile palpare tutta la sensazione di pace e sacralità, dove aleggia un solenne silenzio interrotto solo dal bisbiglio delle preghiere.
L’interno è suddiviso da pilastri e colonne monolitiche sormontate dalla copertura a capriate, che canalizzano l’attenzione verso un affresco di indubbia bellezza, raffigurante la Madonna in trono con Bambino; il dipinto viene attribuito a Paolo Schiavo (della metà del sec. XV). L’interno della pieve è inoltre impreziosito da capitelli romanici, di notevole bellezza, scolpiti ad altorilievo in pietra serena, risalenti al XII secolo.

Nel 1862 in seguito ai danni causati da un fulmine, il campanile fu ristrutturato, portando alla luce tutta la sua magnificenza e la struttura intera rialzata e impreziosita dal tetto a guglia piramidale sormontato dal parafulmine.

CONTATTI
SP85, 52026 Pian di Scò (AR)
Parrocchia
Tel. 055 960133

Le Balze

Questo maestoso scenario naturale si è formato in un periodo geologico abbastanza recente: dal Pliocene superiore al Pleistocene, cioè da circa tre milioni a centomila anni fa. All’inizio del processo, il sollevamento delle catene del Pratomagno e del Chianti dette origine dapprima ad una depressione nella zona occidentale (tra l’attuale territorio di Cavriglia e Figline) e poi, per uno sprofondamento di origine tettonica verso est, ad una estesa conca di circa 40 km di lunghezza per 10 di larghezza, la quale fu riempita in breve dalle acque meteoriche che determinarono la formazione di un grande lago. Progressivamente poi il bacino fu colmato dai detriti di disgregamento delle rocce trascinati a valle dai torrenti: quelli più grossolani si depositarono presso le rive, dando origine a vasti conoidi di deiezione; i più leggeri riuscirono invece a raggiungere il centro del lago.

La diversità fra gli strati di accumulo, in cui prevalgono i ciottoli, la ghiaia, la sabbia, il limo o l’argilla, rivela che nel corso del tempo sono intervenuti nel territorio cambiamenti climatici di notevole entità; nel Pliocene il clima era molto più caldo dell’attuale e l’ambiente somigliava a quello tropicale o subtropicale odierno; lo testimoniano i numerosi reperti fossili di animali (elefanti, rinoceronti, ippopotami, tigri dal dente a sciabola, iene) oppure le conchiglie dei molluschi di acqua dolce e i vegetali carbonizzati, tipo la sequoia o il cinnamomo.

Il bacino del Valdarno superiore andò progressivamente riempiendosi di depositi e quando questi, centomila anni fa, raggiunsero la quota di circa 300 metri slm, le acque del lago tracimando lo abbassarono in tempi abbastanza rapidi e defluirono verso la piana fiorentina lasciando emersi gran parte dei sedimenti.

L’antico fondo del lago è stato sottoposto all’azione disgregatrice della natura, lenta ma costante, che ha dato origine al caratteristico paesaggio dei calanchi e delle Balze valdarnesi. Qui le bellezze naturali offrono grandi emozioni. Percorrere a piedi o a cavallo una delle valli che si insinuano fra le alte e scoscese pareti delle Balze permette di immergersi in un’atmosfera fiabesca e misteriosa, per la quale già gli antichi inventarono nomi come “Casa delle Fate”, “Paradiso”, “Purgatorio” o “Inferno”.

CONTATTI
Comune
Tel. 055 9631259 – 262

Cavriglia

Circuiti Bellosguardo

Completamente immerso nel verde e con un panorama mozzafiato, due chilometri e mezzo di lunghezza, un chilometro e 100 metri illuminato. Il circuito ciclistico è sempre aperto e a disposizione non solo degli appassionati delle due ruote, ma anche di podisti e amanti delle passeggiate.

Particolarmente indicato per gli sport outdoor è facilmente raggiungibile grazie all’ottima viabilità e dotato di ampio parcheggio. La struttura di Bellosguardo si divide in due anelli, uno ondulato lungo un chilometro e 400 metri e un altro completamente pianeggiante, illuminato, di un chilometro e 100 metri. I due anelli sono uniti da una bretella creando così un circuito unico da due chilometri e mezzo.

Museo Mine

Mine è il nome di un suggestivo complesso museale, nel paese abbandonato di Castelnuovo dei Sabbioni, che documenta la storia del territorio di Cavriglia, una terra che ha ruotato da quasi due secoli attorno alle miniere di lignite ed è stata teatro di un efferato eccidio nazifascista nel luglio del 1944.

Il complesso museale testimonia la storia del territorio di Cavriglia e in particolare le vicende legate alla miniera che hanno segnato profondamente una parte rilevante di questo territorio.

Rimane, all’inizio della strada, un sacrario che ricorda le 74 vittime civili dell’eccidio perpetrato dai nazisti il 4 luglio 1944. Alcune case in rovina contornano la strada che conduce alla parte superiore dell’abitato, che comprende alcuni edifici recentemente recuperati e rifunzionalizzati in spazi museali: la ex chiesa di San Donato, adibita a spazio polifunzionale, il centro espositivo ed una palazzina degli anni Venti del Novecento utilizzata come centro di documentazione e spazio per attività didattiche. La logica comune che pervade questi spazi è fortemente tesa al coinvolgimento dello spettatore per una conoscenza approfondita del patrimonio culturale conservato.

Il museo MINE svolge regolarmente attività didattica, campus e giornate dedicate ad attività per ragazzi e famiglie; dispone inoltre di un centro di documentazione nel quale sono conservati materiali cartacei e digitali che raccontano la storia di questa terra. I cataloghi sono consultabili on line dal sito del museo stesso.

INFORMAZIONI
Orario di apertura del museo
da martedì a domenica ore 10:00-13:00
sabato e domenica ore 15:00-18:00
Biglietto Intero: € 5,00
Biglietto Ridotto: € 3,00
CONTATTI

Via 25 Aprile Paese abbandonato di, 52022 Castelnuovo dei Sabbioni AR
Tel. 055 3985046
E-mail: info@minecavriglia.it
www.minecavriglia.it

Roseto Botanico Carla Fineschi

Singolare giardino, fondato nel 1967, il Roseto Botanico Carla Fineschi è uno dei più grandi roseti del mondo. Spettacolare, vasto e suggestivo è vincolato in quanto bene artistico. Al suo interno vivono oltre ottomilacinquecento varietà di rose e piante che provengono da ogni parte del mondo: la “specie” più antica vanta ben 40 milioni di anni.

Passeggiando per i sentieri del roseto si viene avvolti da una fragranza dolce e frizzante e dai colori armoniosi dei prati e delle aiuole puntellati dagli sgargianti petali.

INFORMAZIONI
Il Roseto è visitabile tutti i giorni feriali e festivi dalla prima domenica di maggio all’ultima domenica di giugno, dalle ore 9 alle ore 19. Per visite di gruppi numerosi è necessaria la prenotazione. L’ingresso prevede una donazione all’Associazione pari a Euro 6,00 a persona.

CONTATTI
Tel. 338 4062717
E-mail: info@rosetofineschi.it
www.rosetofineschi.it

Laterina Pergine Valdarno

Centro storico di Laterina

Arroccato su di una collina posta al limite della grande piana alluvionale, solcata dal fiume Arno, Laterina è uno dei borghi medievali caratteristici del Valdarno. Il Centro, animato da rievocazioni storiche e artistiche di particolare pregio è un museo a cielo aperto, con i suoi edifici storici, quali la torre e il palazzo della famiglia Guinigi, la Chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano, il cinquecentesco oratorio di San Rocco e La Rocca. Bellezze artistiche e architettoniche senza tempo.

Il centro storico accoglie il Teatro comunale, da poco restaurato e riaperto al pubblico, è sede di spettacoli teatrali. Scendendo dalla collina si possono ammirare altre due importanti chiese dedicate alla Madonna che sono la Chiesa di Santa Maria in Valle e la Chiesa della Madonna della Neve.

Centro storico di Pergine Valdarno

La civilizzazione etrusco romana ha lasciato significative impronte su questo territorio, solcato da sempre da importanti direttrici viarie. Perfino il nome Pergine pare di origine etrusca. Tra le testimonianze del passato spicca una lamina di piombo su cui compare un’iscrizione rivolta alle divinità delle acque “aquae ferventes”.

Il cui culto, da queste parti, era ispirato alle polle che ribollono in superficie e ai potenti soffioni carichi di anidride carbonica delle sorgenti di Poggio Bagnoli che, molto tempo dopo, in epoca moderna, avrebbero conosciuto anche uno sfruttamento industriale per il recupero del biossido di carbonio.

Loro Ciuffenna

Museo Venturino Venturi

Il Museo custodisce un gran numero di sculture e disegni, a testimonianza di oltre quarant’anni di attività dell’artista. Oltre ai soggetti cari all’autore, la maternità, Pinocchio, la Guerra, sono di grande interesse i ritratti scultorei di importanti personaggi del vivace mondo fiorentino novecentesco come Ottone Rosai, Vasco Pratolini, Mario Luzi, e Antonio Bueno.

INFORMAZIONI
Orari di apertura
Dal 1 aprile al 30 settembre tutti i giorni 10:00-13:00 e 16:00-19:00
1 ottobre-31 marzo venerdì e sabato 15.00-18.00
domenica 10.00-13.00 e 15.00-18.00
1 novembre, 8 dicembre, 26 dicembre, 1 gennaio, 6 gennaio 10.00-13.00 e 15.00-18.00
È visitabile su richiesta anche Casa Venturi, Atelier dell’artista lorese, ambiente in cui ha lavorato e vissuto negli ultimi anni della sua vita.

CONTATTI
Tel. 055 9170136
E-mail: archivioventurinoventuri@gmail.com

Centro Storico di Loro Ciuffenna

Per le sue caratteristiche paesaggistiche, storiche e culturali, il Comune di Loro Ciuffenna è stato ammesso nel Club dei Borghi più Belli d’Italia, che ad oggi conta 250 soci membri.

Si tratta di un caratteristico paesino di media collina, situato tra la valle dell’Arno ed il massiccio del Pratomagno, che in epoca medievale era un borgo fortificato, come si può intuire bene approssimandosi alle antiche mura, costruite a strapiombo sulle gole del fiume Ciuffenna, oppure attraversando il vecchio ponte di epoca romanica, o visitando il mulino ad acqua tuttora funzionante. Ma è varcando la porta dell’Orologio che si accede alla parte più suggestiva del borgo: la centrale via Dante è infatti costeggiata dalle viuzze lastricate, buie e tortuose, dell’antico quartiere del Fondaccio, nel quale oltre alle abitazioni c’erano le botteghe e i magazzini di commercianti ed artigiani.

Era il cuore economico del castello che pulsava attorno al palazzo signorile, situato nel cassero, oggi piazza don Mazzoni, piccolo spazio che racchiude sia la Chiesa di Santa Maria Assunta, sia, di fronte, il palazzo in cui risiedevano i Conti Guidi in visita al contado. All’ interno della Chiesa di S. M. Assunta si conservano opere di alto valore artistico come una Pietà e un’Annunciazione della metà del XVI secolo di Carlo Portelli.

Appena fuori dal paese vi sono alcuni edifici sacri sorti per inglobare tabernacoli di immagini miracolose, come il santuario della Madonna dell’Umiltà, sulla strada per Gropina, ricco di opere secentesche. Ma sono soprattutto le pievi, costruite sul tracciato dell’antica via Clodia, che ricalca all’incirca quello dell’attuale via dei Setteponti, a caratterizzare questo territorio. Delle sei pievi poste sulla Setteponti, due sono infatti nel comune di Loro: San Giustino e Gropina. Tutt’intorno, il paesaggio è caratterizzati dai tradizionali terrazzamenti e dalla presenza delle Balze, curiose formazioni naturali di argilla e sabbia alte fino a cento metri: con il suo crinale di dolci pendii, il massiccio appenninico del Pratomagno è un habitat unico in cui si alternano coltivazioni, foresta e declivi di prato.

Pieve Romanica di San Pietro a Gropina

La Pieve di San Pietro a Gropina è certamente una delle più belle ed interessanti della nostra regione e per questo è stata dichiarata monumento nazionale. L’attuale costruzione risale al periodo tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo: gli scavi archeologici testimoniano però che essa sorge sui resti di due chiese più antiche, una paleocristiana del V-VI secolo, costruita su preesistenti strutture romane, e una seconda di epoca longobarda che era un rifacimento e un ampliamento della prima. Ha una facciata in pietre conce di macigno e un’abside semicircolare ricoperta di lastre di pietra irregolari, arricchita di arcatelle e colonne. L’interno si compone di tre navate, separate da archi a tutto sesto poggianti su colonne monolitiche. Rilevanti le figure simboliche scolpite sia sui capitelli che sull’ambone semicircolare, tratte dai bestiari o dai vangeli, oltre ad allegorie pagane cristianizzate.

INFORMAZIONI
Orari di apertura
Dal 21 giugno al 21 settembre 9.00-19.00
Dal 22 settembre al 20 settembre 9.00-17.00

CONTATTI
www.gropina.it

Montevarchi

Il Cassero per la scultura

Un castello in pietra grigia, al centro di una grande e scenografica piazza è ciò che rende unico, per originalità di impianto urbanistico, il borgo di Montevarchi nell’aretino, alle porte del Chianti.

Il castello custodisce centinaia di sculture create tra l’Ottocento e il Novecento.

Al momento la collezione permanente esposta, interamente restaurata, consta di oltre mezzo migliaio di opere tra bronzi, marmi, gessi, terrecotte e disegni, di artisti toscani e italiani, giunte a Montevarchi grazie a donazioni di privati. In sale dedicate, il visitatore potrà così ammirare le creazioni di maggior rilievo di artisti come Michelangelo Monti, Timo Bortolotti, Arturo Stagliano, Alberto Giacomasso, Mentore Maltoni, Valmore Gemignani, Odo Franceschi, Mario Bini, Francesco Falcone, Quinto Ghermandi, Diana Baylon, Firenze Poggi e Donatella (Dodi) Bortolotti. Oggi tutte queste opere sono patrimonio dell’istituzione aretina e possono essere ammirate insieme alle sculture dei montevarchini Pietro Guerri, Elio Galassi e Ernesto Galeffi, già di proprietà comunale.

Ampia e articolata è l’offerta didattica sia per le scuole – dal nido alla secondaria di secondo
grado – sia per i bambini e le loro famiglie a cui vengono proposti laboratori creativi, giochi, performance teatrali, ma anche campus pasquali, settembrini e natalizi.

Nell’ottica di rendere il Museo sempre più “accessibile”, Il Cassero ha messo a punto un percorso tattile per vedenti, non vedenti ed ipovedenti, realizza incontri di “arteterapia” per le persone con Alzheimer ed i loro caregiver nell’ambito del progetto “Bartolea Caffè” del Comune di Montevarchi e propone iniziative dedicate ai “Nuovi Cittadini” nella convinzione che la cultura sia un elemento essenziale nella costruzione dell’identità individuale e collettiva.

CONTATTI
Il Cassero per la scultura italiana dell’Ottocento e del Novecento
Via Trieste, 1 52025 Montevarchi (AR)
Tel. 055 9108272
Tel. 055 9108274
www.ilcasseroperlascultura.it

Museo d’Arte Sacra

Nel centro storico di Montevarchi, accanto alla Collegiata di San Lorenzo, il suggestivo Museo d’Arte Sacra, custodisce sculture, affreschi, oggetti di finissima oreficeria, arredi sacri, reliquiari e codici miniati oltre a importanti terrecotte invetriate dei Della Robbia.

Tra le opere conservate nel Museo, spiccano per importanza storica e artistica e per unicità di reperto: Oggetti liturgici commissionati dalla locale Fraternità del Sacro Latte, costituita nel XV secolo in seguito al dono da parte del conte Guido Guerra della reliquia appartenuta all’imperatore di Costantinopoli e successivamente al Re di Francia Luigi IX.

Altro reperto di inestimabile bellezza è il Tempietto robbiano, ricostruito come si presentava all’interno della Chiesa prima di essere smontato agli inizi del XVIII secolo, che custodiva la reliquia del latte della Madonna.

Il museo è impreziosito, inoltre, dalla presenza del Fregio con il Conte Guido Guerra che consegna al clero la Reliquia (datato 1495-1500). Questa scena rappresentata da Andrea della Robbia racconta il momento del dono al priore di San Lorenzo della Sacra reliquia del Latte della Madonna, ottenuta da Carlo d’Angiò, fratello del re Luigi IX, riconoscente per l’appoggio dato dal conte Guido Guerra, feudatario di Montevarchi, nella battaglia di Benevento (1266).

Tra i numerosi oggetti liturgici, meritano una segnalazione la Croce Astile dell’orafo fiorentino Piero di Martino Spigliati (XVI secolo) in argento sbalzato e cesellato e il Reliquiario del Sacro Latte, a forma di tempietto, in legno di ebano intagliato con decorazioni d’argento e rame dorato, opera di Michele Genovini (not. 1626-1669).

Nel museo è conservata inoltre la Madonna in trono con Bambino e Santi, affresco staccato dalla chiesa di S. Andrea a Cennano e attribuito a Luberto da Montevarchi (1460-1522), artista che si formò nella cerchia del Perugino, suo collaboratore al Collegio del Cambio a Perugia che lavorò molto in Valdarno.

INFORMAZIONI
Orario di apertura
Giovedì ore 10.00 – 12.00
Sabato e Domenica ore 10.00 – 12.00 / 16.00 – 18.00

CONTATTI
Museo della Collegiata di San Lorenzo
via Isidoro Del Lungo, 4 52025 Montevarchi (Ar)
Tel. 055 980468
E-mail: museo.artesacrasanlorenzo@gmail.com

Museo Paleontologico

Il Museo Paleontologico di Montevarchi è uno dei più antichi di Italia e fu aperto al pubblico per la prima volta nel 1829. Da due secoli esso raccoglie e testimonia le variazioni climatiche e ambientali che hanno accompagnato la storia naturale del Valdarno.

Nelle nuove sale, riaperte nel 2014, possiamo osservare le ricostruzioni dell’ambiente e i resti della fauna (elefanti, ippopotami, iene giganti, canidi, equidi, tapiri, bovidi…) che popolava il Valdarno superiore a partire da 3 milioni di anni fa.

Grazie a un percorso cronologico si compie un viaggio che parte dalla fase più antica, caratterizzata da altissimi boschi di sequoie a clima caldo-umido, proseguendo attraverso il periodo delle glaciazioni (2.500.000 anni fa) e il grande lago pleistocenico, fino alla prima presenza umana (200.000 anni fa) attestata dalla più antica “punta di freccia immanicata” al mondo.

Dal 2016 alla Sezione Paleontologica si aggiunge anche la Sezione Archeologica “Tracchi”, che permette un approfondimento sulla presenza etrusca e romana in Valdarno.

Il Museo Paleontologico ha sede in un convento francescano del Trecento, di cui rimangono ancora le architetture, tracce di decorazioni interne e un chiostro rinascimentale.

Il Museo è dotato di un bookshop in cui è possibile acquistare pubblicazioni, giochi didattici e gadget personalizzati e tematici.

INFORMAZIONI
Orario di apertura
Invernale (1 Settembre – 31 Maggio):
Giovedì, Venerdì, Sabato e Domenica: 10.00-13.00 / 15.00-18.00 (fino alle 19.00 la quarta
domenica del mese)
Estivo (1 Giugno – 31 Agosto):
Giovedì: 10.00-19.00
Venerdì, Sabato e Domenica: 10.00-13.00 / 16.00-19.00
www.museopaleontologicomontevarchi.it

CONTATTI
Museo Paleontologico Montevarchi
Via Poggio Bracciolini, 36/40, 52025 Montevarchi (AR)
Tel. 055 981227
Tel. 055 981812
E-mail: paleo@accademiadelpoggio.it

San Giovanni Valdarno

Casa Masaccio

Casa Masaccio – Centro per l’arte contemporanea ad oggi è la dimora dove vengono promosse la ricerca artistica e la sperimentazione di nuovi linguaggi.
Nel corso degli anni, ha progressivamente sviluppato la sua identità da galleria comunale a centro per l’arte contemporanea, acquisendo il riconoscimento di Museo di Rilevanza Regionale grazie anche alla sua opera di valorizzazione, diffusione e promozione della conoscenza legata alle arti contemporanee.

Casa Masaccio, è sicuramente una rarità nel panorama Nazionale: si tratta infatti di una delle poche case attribuite a un maestro della pittura rinascimentale (in questo caso, Tommaso Cassai, detto Masaccio) sufficientemente documentate per dichiararne l’autenticità.

Oggi nel Centro per l’arte contemporanea si analizzano criticamente le emergenze delle arti contemporanee attraverso un’attenta selezione di attività espositive, conferenze, workshop, rassegne cinematografiche e concerti.

Negli anni, lo sviluppo delle collaborazioni intraprese ha permesso di ospitare in Casa Masaccio importanti opere e artisti e di costruire sinergie e relazioni sia sul territorio che con le realtà che si occupano e producono cultura contemporanea in ambito nazionale e internazionale.

Casa Masaccio centro per l’arte contemporanea si presenta come uno spazio in continua trasformazione, caratteristica che ha reso sempre più necessario affiancare al museo nuovi luoghi nella città a supporto delle attività, tra cui Palazzo Salviati, dove si realizza il progetto Casa Masaccio in residence, una piattaforma di residenze per la mobilità di artisti e curatori sia nazionali che internazionali, e Casa Giovanni Mannozzi, dove trovano stabile dimora la collezione permanente e la sezione educativa del museo.

INFORMAZIONI
Ingresso gratuito
Orari di apertura
feriali 15:00 – 19:00
festivi 10:00 – 12:00 / 15:00 – 19:00

CONTATTI
Tel. 055 9126283
E-mail: casamasaccio@comunesgv.it
www.casamasaccio.it

Museo della Basilica di S. Maria delle Grazie

Istituito nel 1864 grazie al notabile locale Vincenzo Mannozzi Torini, che raccolse le opere provenienti dalle chiese locali nell’Oratorio per salvarle dalla probabile dispersione e dal caos causato dal periodo postunitario, Il Museo della Basilica di S. Maria delle Grazie è uno scrigno prezioso di opere di inestimabile bellezza.

Nel 1990 fu aperta al pubblico quando, grazie alla Soprintendenza di Arezzo, furono allestite tre sale negli ambienti retrostanti la Basilica per ospitare le opere più importanti, tra cui capolavoro dell’Annunciazione di Fra Giovanni da Fiesole detto Beato Angelico, dando così l’opportunità di poterne ammirare le fattezze e le bellezze delle opere racchiuse al suo interno.

La collezione si è inoltre arricchita di alcune opere recuperate a seguito della campagna di restauro “La memoria dell’arte nel 1999-2000”, grazie al contributo di privati e aziende del territorio.

Il Museo, del cui comitato scientifico fa parte anche il Comune di S. Giovanni Valdarno, fa parte del Sistema Museale del Valdarno superiore. Dal 2012 il Museo è stato inserito nell’elenco dei musei accreditati dalla Regione Toscana come Musei di Rilevanza Regionale, riconoscimento confermato per ben due volte nel 2015 e nel 2018.

INFORMAZIONI
Mattino: 10:00/13:00
Pomeriggio: 15:00/18:30
Chiuso: lunedì e martedì.
Orario apertura Basilica Maria S.S. delle Grazie: 8:00/12:00 – 14:00/19:00

BIGLIETTI
Intero: € 3,50
Ridotto: € 2,50 per:
Gruppi di almeno 15 persone
Adulti sopra 65 anni
Bambini e ragazzi tra 6-18 anni
Ingresso gratuito:
Insegnanti accompagnatori di scolaresche
Accompagnatori dei gruppi di almeno 15 persone
Disabili con accompagnatore
Guide turistiche autorizzate che esibiscano il tesserino
Bambini in età prescolare (da 0 a 5 anni).

CONTATTI
Tel. 055 912 37 35
E-mail: info@museobasilica.it
www.museobasilica.it

Museo delle Terre Nuove

Il centro storico di San Giovanni Valdarno, che ha conservato il proprio aspetto medievale e la conformazione tipica delle cosiddette Terre Nuove, ha il suo cuore nel prestigioso Palazzo D’Arnolfo, attribuito da Giorgio Vasari al grande architetto Arnolfo di Cambio e attualmente sede del Museo delle Terre Nuove.

Istituto museale di rilevanza regionale, il Museo delle Terre Nuove è il primo museo dedicato al fenomeno della fondazione dei nuovi centri abitati nel Tardo Medioevo, le Terre Nuove, che interessò buona parte dell’Europa e in particolare la Toscana e il territorio fiorentino dove, dalla fine del XIII secolo, Firenze fonda numerosi insediamenti tra cui Castel San Giovanni, l’attuale San Giovanni Valdarno. Una vera e propria rivoluzione urbanistica di cui la Toscana fu protagonista: le Terre Nuove fiorentine divennero il modello per una nuova concezione di città.

Video, immagini, animazioni interattive, plastici e rievocazioni storiche consentono di comprendere quali siano stati i caratteri urbanistici e costruttivi che hanno modellato le Terre Nuove toscane e tratteggiano gli aspetti politici, demografici, economici e militari di queste nuove comunità, portando il pubblico a immergersi nel vivace mondo medievale di cui tali centri erano parte.

INFORMAZIONI
Da Martedì a Venerdì 15:00/19:00
Sabato, Domenica 10:00/13:00 – 15:00/19:00

€5,00 ingresso intero
€3,00 ingresso ridotto gruppi 18/25 anni e oltre 65 anni
Ingresso gratuito
minori di 18 anni

+ €3,00 per servizio di visita animata o attività.
Ogni prima domenica del mese l’accesso al museo è gratuito per tutti.

CONTATTI
Tel. 055 9126213
E-mail: info@museoterrenuove.it

Terranuova Bracciolini

I paesi delle Balze

In prossimità di Penna, si può prendere quella che viene chiamata “strada delle Cave”, che ci porta proprio a ridosso del suggestivo paesaggio delle Balze e ne permette una fascinosa visione dal basso e dalla quale si possono raggiungere tutti i piccoli borghi collinari sviluppatisi, come castelli feudali, lungo il percorso della Cassia Vetus. Montemarciano: anch’esso feudo dei Pazzi, fu distrutto dai fiorentini nel 1288, e rimangono le due porte d’accesso (la Porta Campana e il cosiddetto “arco etrusco”).

Nei pressi di Montemarciano, l’Oratorio della Madonna delle Grazie, con un affresco del ‘400 ritenuto inizialmente opera giovanile di Masaccio. Delle successive deviazioni – sempre sulla destra – conducono alla Villa di Poggitazzi, (con fattoria, frantoio e palazzo signorile) e poi a Persignano e Piantravigne, due splendide terrazze sul panorama delle Balze, con gli abitati arroccati su speroni rocciosi. Furono anch’essi dei castelletti sottomessi al dominio dei Pazzi. Un membro della famiglia, Carlino, è ricordato da Dante in un canto dell’Inferno (XXXII, 69).

La valle dell’Inferno

La Valle dell’Inferno è come un segreto, è proprio dove non ci si aspetta, accanto all’autostrada del sole e al tracciato della ferrovia, lungo il corso del fiume Arno. Eppure qui si trova una importante zona umida di alcune decine di ettari, popolata in certe stagioni da stormi di aironi, garzette, cavalieri d’Italia ed altri migratori.

Il lago dell’oasi di Bandella si è formato a seguito della diga costruita nel 1956 per produrre energia elettrica; col riempimento della valletta è avvenuta la trasformazione in zona lacustre ed una progressiva rinaturalizzazione: oggi è un’area che richiede protezione e controllo come ambiente ricco di biodiversità. Per questo è stata istituita la Riserva Naturale: con l’area contigua, circa 500 ettari circondati da fitti boschi di querce. Nel silenzio, si possono osservare aironi bianchi e cinerini, il cormorano, il martin pescatore, l’averla, i germani; mentre alti nel cielo – alla ricerca di piccole prede – si possono avvistare il nibbio, il gheppio, la poiana, il falco di palude.

Nei dintorni, sono percorribili molti sentieri fra i boschi e le campagne e, nella stagione della fioritura, si trovano molte varietà di orchidee selvatiche. In tutta l’area contigua, non è difficile incontrare branchi di caprioli, cinghiali, istrici e volpi, oltre alla rarissima salamandrina dagli occhiali.

Nei dintorni di Terranuova

Appena fuori Terranuova, su una collina che offre un panorama sulle Balze, troviamo il convento di Ganghereto, costruito secondo la tradizione proprio sul luogo dove San Francesco avrebbe fatto sgorgare una fonte d’acqua.

Nelle vicinanze, la frazione del Tasso, castelletto di probabile origine longobarda nel mezzo di un paesaggio di calanchi d’argilla e rocce sedimentarie, ricche di reperti fossili e conosciute dai geologi come “sabbie del Tasso”.

Ancora nei dintorni di Terranuova, le Ville (un tempo “castello del Terraio”, popoloso borgo murato); Pernina (di origine medioevale, con una chiesa seicentesca circondata dai cipressi, su una collina silenziosa e panoramica); e infine Penna Alta, in cima a uno sperone di roccia, che ha mantenuto la struttura dell’antico villaggio fortificato medievale.

Val d’Ascione

Un percorso vivamente consigliato (anche in bicicletta) è quello della Valle dell’Ascione, che si imbocca proprio sul finire della salita di Ganghereto: una decina di chilometri attraverso colline coltivate che si alternano a prati e boschetti di querce, pioppi, ontani e macchie di ginestre ed eriche. Lungo il percorso, s’incontrano numerose testimonianze dell’architettura rurale: case coloniche, fienili, tabaccaie, ville padronali.

Questa è la strada dei formaggi, dove è possibile acquistare pecorini, ricotte e raveggiolo. Sulla sinistra, dei rapidi tornanti portano all’antico borgo di Cicogna, sviluppatasi attorno all’attraversamento viario (nei pressi della Villa, è da segnalare un importante giardino storico, di proprietà privata); sulla destra, invece, e poco più avanti si sale verso Castiglion Ubertini e Monticello, piccoli agglomerati rurali che risalgono al XIV secolo, in una campagna ben curata e ricca di punti panoramici.

Continuando la strada dell’Ascione, possiamo deviare per Traiana (insediamento di origine romana, quando nei pressi transitava il percorso della Cassia Vetus; il borgo attuale si sviluppò come mercatale del castello, attorno alla grande piazza centrale); e concludere a Campogialli, feudo ghibellino della potente famiglia dei Pazzi, che conserva l’aspetto del borgo fortificato, con suggestivi vicoli nel centro storico. Appena fuori dall’abitato, si trova la chiesa di Santa Maria in Campo Arsiccio. L’interno, a navata unica, conserva un interessante ciclo di affreschi del trecento e del quattrocento, di autori ancora ignoti.

La Chiesa di Santa Maria in Campo Arsiccio

Le origini dell’oratorio di Santa Maria in Campo Arsiccio, che si trova in campagna a poca distanza dal centro abitato di Campogialli (Terranuova Bracciolini), risalgono al medioevo e forse agli inizi del Trecento, quando ancora signoreggiavano nel territorio i Pazzi di Valdarno che controllavano la grande strada vicina percorsa dai pellegrini in viaggio per Roma: la cosiddetta via di “San Pietro”, che corrispondeva più o meno all’attuale “Setteponti”.

All’epoca, in chiesa c’erano due altari, di cui uno stava sotto l’immagine della Madonna col Bambino considerata «assai miracolosa» di fronte alla quale si celebrava la festa della Natività.
In seguito alle «soppressioni leopoldine» la chiesa fu utilizzata come cappella per tumulare cadaveri e poi, divenuta proprietà privata, fu persino trasformata in stalla per le pecore, nonostante in un angolo l’immagine della Madonna continuasse ad essere “scoperta” per impetrare grazie di ogni genere.

Nel 1906, l’intonaco, con cui qualche secolo prima si erano coperti gli affreschi che decoravano la chiesa, «cascando» fece intravedere delle figure; solo però nel 1954 il nuovo proprietario Marino Debolini decise di effettuare a sue spese il restauro totale dei dipinti, affidando il compito al sovrintendente Guido Morozzi. Oggi l’edificio appartiene al Pubblico Demanio, che nel 2021 lo ha affidato in concessione alla Pro Loco di Terranuova Bracciolini.

Per prenotare una visita guidata alla chiesa è possibile contattare la Proloco di Terranuova Bracciolini:
0559737095proloco.terranuova@gmail.com