Castelfranco Piandiscò

Castelfranco Piandiscò

Nel cuore del Valdarno Aretino, al confine con la provinncia di Firenze, si trova Castelfranco Piandiscò, un comune che unisce storia, spiritualità e bellezza paesaggistica. Nato dall’unione dei due antichi borghi di Castelfranco di Sopra e Pian di Scò, questo territorio segue il tracciato della suggestiva Strada dei Setteponti, una delle vie più panoramiche e ricche di fascino della Toscana.

Chi visita Castelfranco Piandiscò scopre un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Tra chiese romaniche, torri medievali, opere d’arte rinascimentale e paesaggi naturali scolpiti dal vento e dall’acqua, ogni passo racconta una storia antica.

Castelfranco di Sopra: un borgo tra i più belli d’Italia

Castelfranco di Sopra è uno di quei borghi toscani che ti incantano al primo sguardo. Inserito nel circuito dei Borghi più belli d’Italia, fu fondato nel 1296 su volontà della Repubblica Fiorentina come “terra nuova”, insieme a San Giovanni Valdarno e Terranuova Bracciolini. Il progetto urbanistico fu affidato ad Arnolfo di Cambio, che concepì il borgo con una struttura razionale e ordinata: una pianta quadrangolare, una piazza centrale e strade che si incrociano perpendicolarmente, collegate da quattro porte.

Ancora oggi si può ammirare la possente Torre d’Arnolfo, conosciuta anche come “Torre Campana”, simbolo di Castelfranco e porta d’accesso al suo cuore medievale. Il centro storico conserva il fascino delle pietre antiche e delle atmosfere di un tempo, reso ancora più prezioso dalla presenza di edifici come il Palazzo Comunale e la Chiesa di San Filippo Neri, dedicata al santo nato proprio qui. All’interno di questa chiesa barocca, costruita nel 1631, si trova una delle opere più emozionanti della pittura seicentesca fiorentina: l’Estasi di San Filippo Neri di Matteo Rosselli.

L’Abbazia di Soffena e il silenzio della spiritualità

Poco fuori dal borgo, immersa in una quiete che invita alla riflessione, si trova l’Abbazia di San Salvatore a Soffena. La sua storia affonda le radici nell’XI secolo, quando era sede di un monastero vallombrosano, anche se la chiesa fu edificata su un precedente edificio risalente al IX secolo. Il toponimo “Soffena”, di origine etrusca, richiama la lunga storia del territorio, attraversato dalla via Cassia Vetus, antica strada consolare romana.

All’interno dell’abbazia, gli affreschi quattrocenteschi raccontano il passaggio artistico dal tardo gotico al primo Rinascimento. Qui arte e spiritualità si fondono in un’atmosfera intima, capace di toccare nel profondo.

La meraviglia delle Balze e il Sentiero dell’Acqua Zolfina

Castelfranco Piandiscò non è solo un luogo di storia e cultura, ma anche una terra di straordinaria bellezza naturale. Da qui parte il Sentiero dell’Acqua Zolfina, un percorso escursionistico che attraversa l’Area Naturale delle Balze, uno dei paesaggi più spettacolari e riconoscibili del Valdarno. Le Balze, con le loro guglie di sabbia e argilla, hanno ispirato persino Leonardo da Vinci e hanno ottenuto il riconoscimento di Patrimonio Geologico Mondiale dall’UNESCO.

Camminare lungo questo sentiero significa immergersi in una natura selvaggia e poetica, tra scorci mozzafiato, silenzi rigeneranti e panorami che cambiano con la luce del giorno.

Pian di Scò e la sua pieve millenaria

Proseguendo lungo la Setteponti si arriva a Pian di Scò, un borgo nato intorno a una chiesa battesimale e cresciuto nel Medioevo come avamposto strategico fiorentino contro le potenti famiglie ghibelline degli Ubertini e dei Pazzi del Valdarno. Durante l’epoca napoleonica, nel 1809, divenne comune autonomo.

Il suo cuore spirituale è rappresentato dalla Pieve di Santa Maria a Scò, documentata già nell’anno 1008. La struttura attuale, romanica, con le sue tre navate e i capitelli decorati con motivi fitomorfi e zoomorfi, è un capolavoro di sobrietà e armonia. Tra le opere d’arte custodite al suo interno, spiccano una “Madonna col Bambino in trono” attribuita a Paolo Schiavo e una terracotta policroma del Quattrocento proveniente dalla bottega del Ghiberti.

Frazioni e paesaggi: dove la Toscana più autentica prende vita

Oltre ai centri maggiori, il territorio di Castelfranco Piandiscò comprende piccole frazioni come Certignano, Pulicciano, Caspri e Faella, dove il tempo scorre ancora secondo i ritmi della natura e delle stagioni. A Caspri, in primavera, i campi si tingono di lilla grazie alla fioritura del giaggiolo, coltivata per la produzione di cosmetici e profumi. In tutta l’area si possono ammirare i muretti a secco, vere e proprie opere d’arte rurale, simbolo della sapienza contadina e del legame profondo con la terra.

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Abbazia di San Salvatore a Soffena

 

Poco fuori dal centro di Castelfranco di Sopra si trova l’antica Badia di Soffena. Il complesso abbaziale è costituito dalla chiesa romanica a croce latina, dalla torre campanaria, dal monastero con chiostro quattrocentesco, dal giardino e da una suggestiva area pertinenziale coltivata a olivi. Il primo documento che la cita risale al 1014, ma la sua origine è assai più antica; scavi nel chiostro della badia hanno infatti riportato alla luce alcune tombe e un precedente edificio di culto ad unica navata con l’abside rivolta ad est e di dimensioni simili alla prima chiesa paleocristiana della vicina pieve di Gropina. Si è potuto datare questa struttura all’VIII-IX secolo grazie a frammenti di decorazioni architettoniche di stile longobardo. L’edificio attuale è il risultato di un notevole intervento di riedificazione, probabilmente avvenuto nel 1392. Ad oggi, la facciata si presenta a bozze di pietra squadrata con tetto a capanna; sopra la porta d’ingresso un oculo dà luce all’interno.

Entrando, sulla destra c’è una Madonna con Bambino con i SS. Pietro e Francesco attribuita a Paolo di Stefano Badaloni, detto Paolo Schiavo. Segue l’Annunciazione attribuita al Maestro del Cassone Adimari. Nel transetto, a destra, la grande Strage degli Innocenti colpisce per la drammaticità della rappresentazione. Generalmente attribuita a Liberato da Rieti, di recente è stata riferita a un pittore di ambito fiorentino, il Maestro di Bibbiena, così detto per il trittico che là dipinse e che è servito da termine di confronto per l’attribuzione sia della Strage degli Innocenti sia della sottostante Visitazione.

Quest’ultima, stilisticamente più matura, fu eseguita in un periodo vicino a quella di Bibbiena (1425-1430 circa) (Donati).
Dietro l’Altare, la Madonna in trono con il Bambino con i SS. Lazzaro e Michele Arcangelo, in stile ancora goticheggiante ma con tentativo di collocazione prospettica, è attribuita a Mariotto di Cristofano, cognato di Masaccio e dello Scheggia. Sulla sinistra vediamo nel registro superiore un’ Annunciazione e in quello inferiore la Madonna della Misericordia.

Di fronte alla Madonna con Bambino con i SS. Pietro e Francesco di Paolo Schiavo, Bicci di Lorenzo affrescò San Giovanni Gualberto, fondatore dell’Ordine Vallombrosano, con scene della vita del Santo.

INFORMAZIONI
Ingresso Gratuito

ORARIO DI APERTURA AGOSTO 2025

Martedì e Mercoledì su prenotazione tel. 3296603736

Giovedì 9:15 – 13:45

Venerdì 14:15 – 18:45

Sabato 9:15 – 12:45

Domenica 8:30 – 13:45

GIORNI DI CHIUSURA

Lunedì 

Domenica 17 agosto 2025

 

 

CONTATTI
Per prenotazioni ed informazioni:
dal lunedì al venerdì 8:00 – 13:00
Tel. 055 9631259

Centro storico di Castelfranco di Sopra

Dal 2004 e con inconfutabile ragione Castelfranco di Sopra è inserito nella lista dei “Borghi più belli d’Italia”. Questo difatti è davvero uno dei più bei borghi d’Italia: arroccato sulla collina, gode di una vista privilegiata di uno dei più affascinanti panorami che la natura potesse creare, le Balze.

La denominazione ha origine dal rapporto con la Repubblica fiorentina, che nel 1299 fondò questa “Terra Nuova” quale avamposto a scopi difensivi. Il borgo sorge su una terrazza naturale dell’altopiano valdarnese che domina le balze ai piedi del Pratomagno. Caratteristica la regolarità dell’impianto, con le vie ortogonali come nel castrum romano; al centro è la grande piazza, sulla quale si affacciavano gli edifici più rappresentativi del potere politico e della sfera spirituale, il palazzo del podestà e la chiesa di San Pietro.

Percorrendo via Arnolfo si può ammirare un tratto della cerchia, con i suoi beccatelli a sostegno del camminamento di ronda. Da questa prospettiva si gode lo scorcio suggestivo della torre di Porta Campana, detta anche Fiorentina, o dell’Orologio, o più comunemente Torre d’Arnolfo, che porta scolpito il giglio di Firenze e la data 1300, inizio della sua costruzione.

La porta venne realizzata – in proporzioni ridotte – secondo il disegno di quelle coeve della cinta muraria fiorentina. Oltre alla Porta Fiorentina ci è giunta – anche se priva della parte superiore abbattuta nel 1770 e molto rimaneggiata – la Porta Aretina, detta anche Porta Franca o Porta del Pino; di essa restano una feritoia e un arco in mattoni sorretto da mensole di pietra; mentre Porta Buia (sul lato nord-ovest) e Porta Montanina (sul lato nord-est) furono demolite rispettivamente nel 1858-59 e nel 1867.

La più antica rappresentazione dell’intera città è del 1585 e si trova tra le Piante di Popoli e Strade all’Archivio dei Capitani di Parte Guelfa a Firenze: piante realizzate su richiesta del granduca Francesco I de’ Medici per una mappatura sistematica delle strade del Granducato di Toscana, utilissime per ricostruire l’antica topografia.

 

La Pieve di Santa Maria a Scò

Citata per la prima volta nel 1008 nell’atto di donazione con cui gli Ubertini, potente casato aretino, concessero alcuni poderi all’abbazia di Santa Trinità in Alpe in Pratomagno, l’antica e maestosa pieve romanica di Santa Maria a Scò sorge lungo la suggestiva via dei Setteponti essa è una delle più arcaiche del territorio, la cui magnificenza è il frutto di costruzioni, espansioni e miglioramenti che nel corso del tempo si sono susseguite; essa infatti sorge su antichi insediamenti romani e probabilmente anche etruschi: un originario piccolo edificio d’epoca longobarda del VI secolo venne ampliato durante i secoli VIII e IX e nel secolo XII fu costruita la solida ed elegante struttura in pietra che rispecchia la forma attuale.

Il frontespizio della struttura è decorata da cinque arcate cieche con lunghe lesene che corrono parallele fino al basso e dal filaretto in pietra quadrangolare; essa inoltre è composta da lapidei regolari.

L’interno si sviluppa su tre navate e termina con gruppi absidi, con monofore chiuse da lastre di alabastro.

Nel suo interno è quasi possibile palpare tutta la sensazione di pace e sacralità, dove aleggia un solenne silenzio interrotto solo dal bisbiglio delle preghiere.
L’interno è suddiviso da pilastri e colonne monolitiche sormontate dalla copertura a capriate, che canalizzano l’attenzione verso un affresco di indubbia bellezza, raffigurante la Madonna in trono con Bambino; il dipinto viene attribuito a Paolo Schiavo (della metà del sec. XV). L’interno della pieve è inoltre impreziosito da capitelli romanici, di notevole bellezza, scolpiti ad altorilievo in pietra serena, risalenti al XII secolo.

Nel 1862 in seguito ai danni causati da un fulmine, il campanile fu ristrutturato, portando alla luce tutta la sua magnificenza e la struttura intera rialzata e impreziosita dal tetto a guglia piramidale sormontato dal parafulmine.

CONTATTI
SP85, 52026 Pian di Scò (AR)
Parrocchia
Tel. 055 960133

Le Balze

Questo maestoso scenario naturale si è formato in un periodo geologico abbastanza recente: dal Pliocene superiore al Pleistocene, cioè da circa tre milioni a centomila anni fa. All’inizio del processo, il sollevamento delle catene del Pratomagno e del Chianti dette origine dapprima ad una depressione nella zona occidentale (tra l’attuale territorio di Cavriglia e Figline) e poi, per uno sprofondamento di origine tettonica verso est, ad una estesa conca di circa 40 km di lunghezza per 10 di larghezza, la quale fu riempita in breve dalle acque meteoriche che determinarono la formazione di un grande lago. Progressivamente poi il bacino fu colmato dai detriti di disgregamento delle rocce trascinati a valle dai torrenti: quelli più grossolani si depositarono presso le rive, dando origine a vasti conoidi di deiezione; i più leggeri riuscirono invece a raggiungere il centro del lago.

La diversità fra gli strati di accumulo, in cui prevalgono i ciottoli, la ghiaia, la sabbia, il limo o l’argilla, rivela che nel corso del tempo sono intervenuti nel territorio cambiamenti climatici di notevole entità; nel Pliocene il clima era molto più caldo dell’attuale e l’ambiente somigliava a quello tropicale o subtropicale odierno; lo testimoniano i numerosi reperti fossili di animali (elefanti, rinoceronti, ippopotami, tigri dal dente a sciabola, iene) oppure le conchiglie dei molluschi di acqua dolce e i vegetali carbonizzati, tipo la sequoia o il cinnamomo.

Il bacino del Valdarno superiore andò progressivamente riempiendosi di depositi e quando questi, centomila anni fa, raggiunsero la quota di circa 300 metri slm, le acque del lago tracimando lo abbassarono in tempi abbastanza rapidi e defluirono verso la piana fiorentina lasciando emersi gran parte dei sedimenti.

L’antico fondo del lago è stato sottoposto all’azione disgregatrice della natura, lenta ma costante, che ha dato origine al caratteristico paesaggio dei calanchi e delle Balze valdarnesi. Qui le bellezze naturali offrono grandi emozioni. Percorrere a piedi o a cavallo una delle valli che si insinuano fra le alte e scoscese pareti delle Balze permette di immergersi in un’atmosfera fiabesca e misteriosa, per la quale già gli antichi inventarono nomi come “Casa delle Fate”, “Paradiso”, “Purgatorio” o “Inferno”.

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